Slow Wine 2022: I TOP WINES della Campania, con un mio piccolo commento e un consiglio

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Slow Wine Guida 2022 Campania
Slow Food Editore
www.slowfood.it/slowine/
www.ilgourmeterrante.it
www.codivin.com
www.vinointorno.it
www.cantinaconforme.it

Mentre ho organizzato tutto per partecipare alla più grande degustazione dell’anno, continuo con la Campania  per parlare del mondo Slow Wine, dopo il mio piccolo commento troverete lo scritto della redazione di Slow Wine, le chiocciole regionali, le aziende con la bottiglia e con la moneta. Segue l’elenco dei grandi vini, i vino slow e i vini quotidiani.
Per ogni regione riporterò un mio pensiero, un suggerimento, un chiarimento dovuto che solo questa guida si potrebbe permettere. Già da sempre in ogni descrizione dell’azienda c’è il totale degli ettari e le bottiglie prodotte dalla stessa, un curioso come me spesso si fa il calcolo per capire le rese per ettaro dell’azienda, ma come sto dicendo a tutti produttori che visito, sarebbe bello che per i vini premiati loro chiedessero di mettere tra parentesi le rese in quintali e in litri del vino in oggetto, chissà che questa cosa non desti curiosità, ma soprattutto sempre più trasparenza per vini di qualità – per la maggior parte delle volte da rese basse escono i grandi vini.

Se mi soffermo sulle chiocciole di questa regione mi sento piacevolmente felice, ci sono aziende che cerco in ogni dove per bere i loro vini. Il tutto si ripete nelle aziende insignite dal simbolo della bottiglia.
L’elenco dei vini è esaltante!

Potrete incontrare le cantine premiate e assaggiare i TOP WINES della Campania nelle 2 giornate di degustazione a Milano il 9 e il 10 ottobre prossimo!

Guardate che i biglietti stanno andando a ruba e quindi vi conviene assicurarvi il posto in Paradiso con una certa velocità!!!! Slow sì, ma non esagerate.

Per maggiori info sull’evento cliccate qui sopra.

Ecco a seguire il commento alle regioni e l’elenco dei premiati.

Campania 2022

INTRODUZIONE

“L’annata 2020 ha fatto registrare un anticipo di circa una settimana nell’inizio della raccolta delle uve. Inverno e primavera sono trascorse con temperature più elevate rispetto alla media e scarse precipitazioni, fino al periodo a cavallo tra maggio e giugno, quando invece le abbondanti piogge hanno creato qualche grattacapo nella gestione dei vigneti. Temperature sopra la media anche in estate, poi le piogge di fine settembre e ottobre hanno ristabilito gli equilibri fisiologici delle viti.
Se il millesimo 2019 aveva visto protagonisti i Greco di Tufo, nel 2020 sembra tornare ad allungare il passo il Fiano di Avellino. Entrambe le denominazioni irpine in bianco debuttano con la tipologia Riserva, rivendicabile per i vini con almeno 12 mesi di invecchiamento a decorrere dal 1° novembre dell’anno della vendemmia. Un segnale sicuramente positivo, che contribuisce a sancire l’indiscussa vocazione alla longevità dei grandi bianchi della regione, che però non può soddisfarci fino in fondo: ci si aspettava qualcosa in più, specialmente se si pensa che era ormai consuetudine ampiamente diffusa quella di commercializzare i Fiano di Avellino con un invecchiamento di diversi mesi, talvolta anche oltre i 12 che basterebbero oggi per la Riserva.
Per i Fiano di Avellino – ma il discorso vale anche per i Taurasi – sarebbe tempo invece di accelerare sulla zonazione, anche in ragione dell’estensione e dell’eterogeneità del territorio: un progetto a cui sta guardando con sempre maggiore convinzione una delle aziende leader del territorio, ma che dovrebbe invece diventare causa comune.
La fresca e tardiva vendemmia 2016 sembra assecondare il nuovo corso dei Taurasi, oggetto di un ripensamento stilistico da parte di un gruppo sempre più nutrito di produttori, volto a valorizzarne il corredo balsamico, lo slancio e la finezza, piuttosto che i muscoli e l’opulenza. E in effetti quelli targati 2016 sono Taurasi tendenzialmente più snelli e verticali, più poveri per struttura fenolica e colore ma assai interessanti per espressione fruttata.
Nel Sannio l’Aglianico del Taburno fatica ancora a trovare un’identità condivisa: il limite dato dall’esigua produzione, ostacolo lungo il percorso verso una più ampia riconoscibilità, potrebbe pure non essere tale, a patto che i produttori credano con convinzione nelle potenzialità della denominazione. Accogliamo con piacere le convincenti performance della Falanghina del Sannio: bene i vini del 2020, ma anche le versioni 2019 si difendono al meglio offrendo grande pienezza gustativa e adeguata spinta acido-sapida.

I Campi Flegrei puntano sulla riconoscibilità della zona di origine, ormai ben delineata nell’immaginario collettivo, grazie alle uve falanghina e piedirosso, vere e proprie cartine di tornasole del territorio. E anche Ischia si conferma in grande crescita, con bianchi marini e saporiti, solari, ben ritmati. Ottimi assaggi anche sui due versanti del Vesuvio, con i rossi che vedono un progressivo alleggerimento dell’uso del legno, a beneficio di interpretazioni più succose e leggiadre, e i bianchi tonici e vibranti per acidità e sapidità.
Passando a Salerno, la Costiera Amalfitana conferma la sua solida vocazione bianchista, cui affianca però una buona rappresentanza di deliziosi vini rosa e pure grandi rossi a base di tintore, mentre nel Cilento, pur primeggiando i Fiano, non mancano alcune interessanti interpretazioni di Aglianico.
Caserta perde un assoluto protagonista, risultando forse la provincia più in affanno, con qualche cosa buona ma anche piccole delusioni e promesse non mantenute. Ma c’è tempo per guardare avanti e la direzione intrapresa, finalmente quella di un percorso regionale unitario che vede la Campania come una terra dall’identità unica, ma ricchissima di peculiarità (il patrimonio ampelografico su tutte), è certamente quella giusta.”

I RICONOSCIMENTI ALLE CANTINE

 

 

 

LA LISTA DEI TOP WINES DELLA REGIONE

 

Pasquale Pace
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